Intervista a MISSINCAT in occasione dell’uscita del singolo “Calling Your Name”

MISSINCAT

“Calling Your Name” è il nuovo singolo della cantautrice, polistrumentista e produttrice Caterina Barbieri aka MISSINCAT. L’artista, di origini milanesi, vive a Berlino da diversi anni dove è diventata un fenomeno di culto della scena indie tedesca. Se la vita è un susseguirsi di porte che si aprono e si chiudono, con persone che a volte ti aiutano a passare mentre altre ti negano l’accesso, allora MISSINCAT nel suo nuovo singolo parla a coloro che la ostacolano. Ma la sua richiesta di poter brillare senza chiedere il permesso (“…oh, let me shine”) indica quindi la convinzione interiore di essere sulla strada giusta, indipendentemente da ciò che pensano gli altri.

L’INTERVISTA:

Da qualche giorno è uscito “Calling Your Name”, il tuo nuovo singolo. Ce ne parli un po’?
Questo pezzo è nato in cinque minuti improvvisando con il piano e una drum-machine. Ho cercato di mantenere l’essenzialità tenendo la voce e il beat in primo piano. Ho registrato batterie, chitarre e violoncello e cercato un’estetica molto sognante, dreamy.


Il fatto di cantare in inglese influenza la tua musica? Tornerai a cantare in italiano?
La lingua è come uno strumento, ogni lingua ha un suono diverso, amo cantare in italiano, con tutte quelle vocali. Però raccontando storie in inglese mi rivolgo a tutti, vivendo all’estero mi viene più naturale anche se l’esperienza del disco in italiano è stata bellissima. Davvero non escludo di ripeterla.


Ti sei trasferita a Berlino da tanti anni. Cosa ti manca di più dell’Italia?
Ti darò la risposta più scontata, da vera tedesca: i ristoranti, l’arte antica, il mare, le montagne, le colline…
 

Nella tua carriera fatta di numerosi successi possiamo ricordare anche le aperture a Amy Winehouse. Cosa ricordi di quell’esperienza?
Ero agli inizissimi della mia carriera solista, il primo vero tour che ho fatto l’ho fatto con lei in locali gremiti di gente. Un tuffo nell’acqua ghiacciata, ma ricordo chiaramente che mi sentivo all’altezza, (anche se forse non lo ero ahah) e mi sono goduta tutto. Ho imparato un sacco da quell’esperienza.

 

 


Un disco è frutto di un lungo e faticoso lavoro fisico e mentale. Per questo è scontato che un artista sia legato ad ogni suo album… però con gli anni si riesce a guardare tutto con maggior lucidità. Oggi, guardandosi alle spalle, quali pregi e difetti trovi per ognuno dei suoi album?
– Il mio debutto lo amo ancora da morire, così grezzo, libero e sincero come solo un debutto può essere…
– Il secondo disco, “WOW”, secondo me era forse un po’ autoreferenziale, ho enfatizzato quello che i fans e la stampa vedevano in me e ho perso un po’ di spontaneità.
– Il terzo, “Wirewalker”, è pieno di canzoni bellissime e sono molto orgogliosa anche della produzione.
– “Forces” è una raccolta di collaborazioni, esplora nuovi mondi e nuovi livelli di energia.
– “10”, il disco in italiano, invece lo amo molto. È profondo e scuro come il mare, delicato e fragile, quanto potente. È arrivato in un momento in cui c’era poco spazio per un genere così in italiano, purtroppo penso che sia stato sottovalutato dal pubblico. La critica invece ha speso parole d’amore.


A dicembre uscirà il tuo libro di canzoni. Qualche anticipazione?
Il mio libro di canzoni è un viaggio nel tempo, testi e accordi di 12 singoli tratti da 6 album, con tanto di fotografie e piccole note, un regalo per chi mi ha seguito con amore per tutti questi anni.

 

 

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