Mystic Wolf è un artista che vaga nella vita e nel mondo e non poteva che dare vita ad un album carico di influenze interessanti e radicali.
Con “Healing is a Journey” il concetto di world music si allarga e si fa quasi transitorio, come la stessa “Nomad”, seconda traccia del disco, ci suggerisce. I primi brani non hanno bisogno di parole e testi per suggerire un immaginario trascendente e di ricerca. L’elettronica è pulita e minimale, e si concede un sufficiente spazio dinamico di movimento.
Il tema della guarigione pare essere molto caro a Mystic Wolf, che gli riserva spazio sia nel titolo che nel brano centrale dell’album, “Cycle of healing”, di ispirazione vagamente sciamanica, con rimandi anche alle musiche tradizionali andine.
Il Sudamerica, terra a cui l’artista è molto legato, viene fuori nel primo vero cantato di tutto il componimento, “Somos de la tierra”, in cui, oltre al testo in lingua spagnola, il brano presenta anche dei ritmi più apertamente latini.
“Rebirth” va a chiudere un disco che ha molto di folk, ma anche e soprattutto una veste elettronica molto centrale e presente. Quest’ultimo brano, complici le ritmiche riprodotte con gli archi, strizza quasi l’occhio ad atmosfere più nordeuropee e celtiche.
Diremmo che l’impostazione di questo lavoro è “mantrica”, vista la presenza di lunghi loop che si sovrappongono. Molto raramente nelle composizioni è presente una vera e propria linea melodica, sintomo che il disco è stato concepito come una sorta di “soundtrack” per il viaggio, interiore o materiale che sia.
Un ottimo disco, radicalmente biografico, anche se ben costruito dal punto di vista della vendibilità.
Chi vi scrive, infine, non può far altro che sentirsi vicino a Mystic Wolf anche per la sua militanza ideologica, che sembra permeare questo lavoro discografico, e che lo vede impegnato in prima linea nei movimenti vicini ai diritti del Popolo Palestinese. Un grande in bocca al lupo a Mystic Wolf!
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