Tra le pieghe leggere e luminose delle sue canzoni si nascondono verità che non cercano applausi, ma riconoscimento. Elena Ventura arriva al suo primo disco con la calma di chi ha percorso strade diverse prima di trovarne una tutta sua. Non ha fretta di dimostrare, ma urgenza di raccontare. Inevitabile, il suo esordio, è un album che mescola colori e contrasti: l’ironia come lente per guardare il mondo, la leggerezza come scelta consapevole, non come distrazione. Una voce limpida che non alza mai il tono, ma non scivola mai via. Abbiamo parlato con Elena del suo modo di scrivere, della musica come gesto quotidiano di verità, e di quella sincerità che non fa rumore ma resta.
Nel tuo disco racconti la fatica e il coraggio di rimanere fedeli a se stessi. Quando hai capito che questa coerenza interiore sarebbe diventata la tua cifra artistica? Non sapevo fosse la mia cifra stilistica anzi forse me lo stai dicendo tu in questo momento. Però mi fa davvero piacere che venga notata questa cosa perché io quando ho scritto questi brani mi sono voluta raccontare in maniera totalmente sincera. Volevo dire il mio pensiero reale su alcuni temi che mi stanno a cuore e cercare di fare in modo che altri si potessero riconoscere nelle mie parole.
C’è una leggerezza apparente nei tuoi brani, ma sotto si avvertono inquietudini e domande. Hai trovato difficile bilanciare questi due registri in fase di scrittura? Trovare la chiave non è stato facile ho sperimentato molto prima di condividere le mie creazioni. Però ho capito scrivendo che la mia chiave doveva essere l’ironia perché è il modo più adatto a me per dire delle verità.
“Specchio riflesso” e “Odio tutta la gente” hanno un tono ironico e insieme feroce. Da dove nasce questa esigenza di dire le cose “di traverso”? Nasce dal fatto che io sono così molte volte uso l’arma dell’ironia per non essere troppo diretta e per non ferire qualcuno oppure perché semplicemente mi piace. Mi piace negli altri e mi piace in me stessa quando esce questa caratteristica.
Chiudere il disco con una rilettura di “Ma l’amore no” è una scelta audace: cosa cercavi in quel brano e quanto ti appartiene, oggi, quell’idea di amore? Quel brano è un brano swing degli anni ’30, io amo quel genere e ho visto subito che poteva essere rivisitata e grazie soprattutto al mio fantastico arrangiatore Nicola Nastos che è un meraviglioso musicista abbiamo lavorato per renderlo più attuale. Quell’idea di amore è appunto un’idea. L’amore romantico del per sempre è molto affascinante ed io adoro il romanticismo ma so che non è realistico oggi giorno purtroppo o per fortuna 😉
Il tuo percorso non è quello canonico del debutto a vent’anni: c’è stata una maturazione artistica e personale prima del disco. Quanto ha inciso sul risultato finale? Sicuramente tanto. A vent’anni non sapevo manco cosa volessi fare nella vita. Ora sono molto più consapevole e ho una maturità anche artistica più sviluppata. Ho fatto tantissimi live, ho sperimentato tantissimi generi. Ora so dove funziono di più e dove posso fare la differenza ma ci vogliono tanti anni di lavoro.
C’è un brano del disco che senti più “spigoloso”, più difficile da domare rispetto agli altri? E se sì, lo ami di più o di meno proprio per questo? Quello che forse è stato più difficile creare è stato l’ultimo ‘Odio tutta la gente’ e diciamo che non lo amavo molto poi facendolo live ho capito invece che è tra quelli che funziona di più perché ha questo ritmo reggae che fa scollare le persone dalle sedie e le fa ballare.
Se dovessi rappresentare Inevitabile con un oggetto, quale sarebbe? Una stanza, un vestito, un giocattolo… quello che vuoi. Sicuramente un arcobaleno, perché è un disco colorato, che parla di libertà e di andare oltre i giudizi della gente. E poi l’arcobaleno arriva dopo le tempeste e questo disco ora che è di tutti spero passa rasserenare tutte le persone che hanno attraversato un momento un po’ giù e che le possa di nuovo aiutare a ritrovare il sorriso.
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