RECENSIONE: Danilo Ruggero – “Puzzle”

Danilo Ruggero - Puzzle

C’è un punto, in Puzzle, in cui la voce di Danilo Ruggero sembra rompersi senza rompersi mai del tutto. È il punto in cui il dolore non è ancora urlo, ma nemmeno più silenzio. Questo EP – cinque brani e una versione alternativa – non cerca di comporre nulla, eppure finisce per tratteggiare qualcosa di compiuto: il ritratto onesto, imperfetto e umanissimo di chi decide di non “venirne fuori” a tutti i costi, ma di restare dentro, guardare, nominare.

L’ascolto di Puzzle è un viaggio fatto a piedi scalzi su un terreno irregolare. Dagli alberi apre il disco con un tono intimo e struggente, dove la fragilità si annoda tra immagini familiari e dolori sepolti con gentilezza. C’è la figura del padre, l’eco adolescenziale dei tentativi di essere visti, la nostalgia feroce per una leggerezza che non si è mai davvero posseduta. Ruggero canta come chi scrive una lettera che non spedirà mai, e questo è il suo punto di forza.

Elefanti è forse il brano più visivo e simbolico: l’elefante diventa emblema di goffaggine, peso, precarietà, ma anche tenerezza. La metafora è forte, e regge fino alla fine, anche se il ritornello rischia di restare un po’ sospeso, come se mancasse un’incisione melodica più netta. Ma forse è voluto: anche la musica, qui, cammina in bilico.

Con Sapone si arriva al nucleo più spigoloso dell’EP. Il testo è ruvido, pieno di immagini che graffiano: la doccia, l’astronave, il Dio che vacilla, i santi che non ascoltano. È un brano che non fa sconti, eppure riesce a non risultare compiaciuto. Ha una rabbia che si percepisce vera, quasi necessaria. Unico appunto: forse l’arrangiamento avrebbe potuto osare di più per stare al passo con la potenza del testo.

Il singolo Puzzle è, com’è giusto, il cuore del disco. È il brano che più esplicitamente enuncia il tema: non c’è niente da ricomporre, niente da aggiustare. La canzone si muove tra immagini forti e contraddizioni dichiarate, alternando ironia, disillusione e momenti di poesia cruda. “Io sono un puzzle che non puoi finire” è un verso che resta incollato, e che funziona perché non cerca l’effetto: è semplicemente vero.

Nel complesso, Puzzle è un EP che non consola, ma accompagna. Non cerca il consenso, ma l’autenticità. Si muove in quello spazio difficile tra cantautorato e confessione, tra pop-rock e diario emotivo. E Ruggero ha il merito di restare sempre sincero, anche quando si espone al rischio della retorica. È questa la sua forza e, talvolta, anche la sua piccola fragilità: la sincerità totale, se non ben bilanciata, può stancare o risultare troppo densa.

Ma è un rischio che vale la pena correre. Perché pochi oggi riescono a cantare a pezzi, senza affrettarsi a tornare interi.

Voto: 8/10

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