Intervista al bravissimo crooner MATTEO BRANCALEONI

 

Matteo Brancaleoni è il crooner italiano più conosciuto sia in Italia che all’estero. Stimato da personaggi come Renzo Arbore, Maurizio Costanzo, Fiorello, Red Ronnie e Michael Bublè (con il quale ha duettato dal vivo a Roma nel 2007 durante un suo concerto), è ritenuto uno dei più importanti interpreti italiani del songbook americano. Fra i dieci migliori cantanti jazz italiani, per cinque anni consecutivi secondo la rivista JazzIt, Matteo Brancaleoni ha all’attivo 6 dischi. Made in Italy, il nuovo lavoro, è tutto eseguito rigorosamente LIVE da un’orchestra di 24 elementi. Gli arrangiamenti sono tutti originali scritti da Nino La Piana insieme allo stesso Matteo. Il disco vanta la straordinaria partecipazione di Rosario Fiorello, di Renzo Arbore e del jazzista di fama internazionale, il trombettista Fabrizio Bosso.
 


 

Sei uno dei crooner più talentuosi d’Italia, secondo te perché nel nostro Paese questo stile è meno diffuso rispetto all’America?
Credo sia un genere mainstream dappertutto, ricordiamoci che questa era la musica pop degli anni ’50. In Italia la presa è meno massiccia ma, sai, molto dipende anche dalla gente che ha gusti legati ai propri ascolti, ascolti che arrivano dall’educazione musicale ricevuta.


Made in Italy è il tuo nuovo disco, il primo in cui ti confronti con il grande repertorio della musica italiana. in termini di tempo quanto hai dovuto lavorarci?
Ci sono voluti circa due anni e mezzo con una media di due/tre giorni alla settimana, lavorando a fianco di Nino La Piana che è il mio pianista, direttore musicale e arrangiatore. Sicuramente senza di lui l’album non avrebbe visto la luce, è stato un lungo lavoro ma sono molto soddisfatto del risultato finale.


È stato difficile individuare i brani da inserire? Con quale criterio li hai scelti?
Sono partito da una lista di 200 brani che, come sempre succede, sembravano tutti indispensabili. Abbiamo lasciato fuori delle cose che mi è dispiaciuto moltissimo non includere, alcune le abbiamo addirittura registrate ma poi in corso d’opera ci siamo resi conto che l’arrangiamento non funzionava come avremmo voluto. Penso a Battisti e in particolare al brano “Un’avventura”, mi sarebbe piaciuto inserirlo ma per il momento è rimasto lì in cantina. Ne abbiamo scartati alcuni che sono molto conosciuti anche all’estero e avrebbero potuto benissimo esserci, chissà forse in un secondo volume li utilizzeremo. Insomma, non è stato semplicissimo ma alla fine ci siamo affidati a una scelta di pancia.


Nell’album ho notato grandissime collaborazioni con prestigiosi artisti come Renzo Arbore, Fiorello e Fabrizio Bosso, Come sono nate e com’è stato condividere con loro il tuo progetto?
Sono tutte persone che già conoscevo e per cui provo una grandissima stima. Io e Fabrizio Bosso avevamo già suonato insieme e avevamo collaborato per il primo disco. Era da qualche tempo che non lavoravamo a stretto contatto e mi ha stupito molto il suo entusiasmo appena gliene ho parlato. Fiorello invece fu uno dei primi a credere in me trasmettendo il mio primissimo album a Viva Radio 2, lui è una persona di un’estrema generosità e quando ha accettato questa collaborazione non sai i salti di gioia che ho fatto.  Questo mi dà un po’ la misura della stima e dell’affetto che alcune persone hanno nei miei confronti e la cosa mi coccola estremamente.

 


Come vivi l’aspetto “live” del tuo mestiere? Ti piace entrare in contatto con il tuo pubblico?
Il live per me è come andare a una cena, dove ci sono degli invitati e c’è un menù. Ci sono cene che vorresti non finissero mai e cene dove non vedi l’ora che portino il caffè. Il live è proprio questo: la musica è il menù e gli invitati sono il tuo pubblico che devi saper intrattenere e soddisfare. Ricordo un aneddoto nato al Blue Note di Milano e poi utilizzato come sketch per i successivi spettacoli: era Natale e avevamo preparato un medley di pezzi lenti così decidemmo che su Last Christmas degli Wham il pianista avrebbe dovuto fermarsi e rifiutarsi di suonare disprezzando quello che stavamo eseguendo in quanto jazzista. All’improvviso dal pubblico uno spettatore disse “Vai via te, bruttoo” e fu bellissimo… ad ogni spettacolo aspettavamo sempre che uscisse qualche vocina dal pubblico pronta ad indignarsi e a commentare il nostro sketch.


Qual è stata la tua formazione musicale e quali sono i 3 dischi a cui sei più legato?
La mia formazione musicale è nata con la musica classica perché io studiavo la chitarra classica, poi mi sono avvicinato a Frank Sinatra verso gli 11/12 anni e da lì in poi ho intrapreso il mio percorso. Per quanto riguarda i dischi degni di nota potrei dirti “Only the lonely” di Frank Sinatra, “La Buona Novella” di De André, disco che è stato un cardine per la mia formazione umana e professionale, e “La mia generazione ha perso” di Giorgio Gaber.


Nel 2007 hai duettato con Michael Bublè, tuo caro amico. Cosa conservi di quest’esperienza? È vero che è nato tutto per caso?
Bublè fra 30/40 anni sarà ricordato come un mostro sacro, ha già fatto una decina di tour mondiali toccando Paesi che Sinatra e Bennett non hanno mai toccato e chissà dove arriverà con il tempo. Il suo disco di Natale è un piccolo grande capolavoro.
Tornando alla tua domanda eravamo al The Place di Roma e Michael mi aveva invitato a questo showcase per presentare il suo disco “Call me irresponsible”. Ad un certo punto scese fra il pubblico, mi prese per mano e disse che voleva cantare qualcosa con me. Fui assalito dal panico ma lui riuscì a mettermi a mio agio, da grande artista quale è.


Progetti per il nuovo anno?
Ci sarà un tour che toccherà diverse date italiane e poi concentreremo la promozione anche all’estero. È un work in progress.


Grazie Matteo, noi continueremo a seguirti
Grazie a voi!

 

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Sito ufficiale: http://www.matteobrancaleoni.com
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(Intervista di Sara Salaorni con la collaborazione di Giovanni Boscaini)

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