Recensione: “Lust for life” – Lana del Rey (Interscope Records)

In sei anni di carriera Lana Del Rey ci ha abituato a più cambi di personalità che di vestiti: è stata l'amante devota, legata solamente al suo “old man”, ha navigato i mari della depressione, passando per dipendenze da droghe ad alcolismo, infine si è travestita da pin up americana, orgogliosa della sua nazione. Oggi, sulla copertina di “Lust For Life” (suo nuovo album, uscito il 21 Luglio per Polydor, Interscope Records) Lana Del Rey si presenta come non l'abbiamo mai vista prima d'ora: la regina della tristezza sfoggia infatti un sorriso smagliante da orecchio ad orecchio, simbolo della pace ritrovata dopo le pene vissute e marchiate dai precedenti album.

Da dove provenga questa carrellata di ottimismo non si sa; ciò che è chiaro è che ha dato vita a sedici tracce di inestimabile orecchiabilità. L'album si apre con “Love” (primo singolo estratto e prima traccia di “Lust for life” che ci è stato permesso di ascoltare ancora questo inverno). In questa canzone Lana celebra la bellezza di essere giovani, e spinge i suoi giovani fan (affetuosamente chiamati “kids” in questa canzone) ad amare la vita attimo per attimo, senza preoccuparsi dell'ansia per il futuro (canta in “Love”: “Doesn't matter if I'm not enough for the future or the things to come, because I'm young and in love”). Segue la title track “Lust for life” (che ospita il primo feauturing offerto dalla cantante, quello insieme all'amico di vecchia data The Weeknd), che aiuta a presentare il tema dell'album: una generale positività verso la vita, la “gioia per la vita” appunto.

Il primo gruppo di canzoni riprende molto le atmosfere di “Born to die” (suo primo album, uscito nel 2011): viene dato molto spazio ai beat hip hop (bisogna assolutamente citare in questo caso “Summer Bummer”, canzone che presenta la collaborazione coi rapper A$AP Rocky e Playboi Cardi), e di tanto in tanto ritorna il personaggio che Lana si è costruita negli anni passati. Ritroviamo infatti sia in “White Mustang” che in “Cherry” (la versione 2.0 della fan favourite “Cola” del 2011) la giovane donna ambiziosa, pronta a sfidare il mondo intero, ma debole non appena va incontro al suo uomo (“I fall to pieces, when I'm with you”, verso di “Cherry”).

La vera essenza dell'album la si scopre però dalla seconda metà, quando viene abbandonato il personaggio costruito a tavolino e ci si addentra nella psiche vera dell'artista. Nascono così capolavori come “God bless America – and all the beautiful women in it” e “When the world was at war we kept dancing”, inaspettato inno contro la guerra e contro l'omologazione. È questa la Lana che sorprende maggiormente, quella impegnata politicamente e socialmente nella discussione dei temi che travolgono il suo Paese: la nomina di Trump (un presidente da lei non condiviso), le tensioni in crescita fra Stati Uniti e corea del Nord (in “Coachella – Woodstock in my mind” infatti canta “In the next morning they put out the warning, tensions were rising over country lines”), e la costante paura di entrare in guerra e perdere tutto.

In “Lust for life” si sentono gli echi di un tempo passato, cantato da Bob Dylan, John Lennon e Yoko Ono. Non a caso Lana per la riuscita di questo album scomoda loro figlio Sean Ono Lennon in “Tomorrow never came” e la grande Stevie Nicks in “Beautiful people beautiful problems” (certamente una delle canzoni più significative dell'album). Nelle ultime canzoni infatti diventano palpabili le influenze degli artisti della grande canzone americana soprattutto nella scrittura dei testi, molto più descrittivi ed ammaglianti rispetto alle prime tracce. In questo modo “Lust for life” risulta un album vario dal punto di vista sonoro (è infatti l'unico che può vantare collaborazioni sia con scoperte della nuova generazione come A$AP Rocky sia grandi leggende di ieri come Stevie Nicks) e di spessore dal punto di vista contenutistico.

Sicuramente con questo album Lana Del Rey ha fatto un passo in più rispetto al precedente album “Honeymoon” (2015), col quale l'artista ha saputo sfoggiare grandi capacità canore (che rimanevano in secondo piano nei precedenti lavori), ma ritenuto troppo monotono e noioso dalla critica. Con “Lust for life” Lana è riuscita a far collimare tutte le caratteristiche del personaggio di “Born to die”, mantenendo l'originalità delle tracce di “Ultraviolence” (2014). Inoltre con queste sedici nuove tracce è riuscita a proporre degli spunti di riflessione personali e necessari dato il clima teso che stiamo vivendo, senza peccare di autocommiserazione e autolesionismo (come invece è accaduto per i suoi lavori passati). Per queste ragioni, nonostante “Born to die” rimarrà negli annali della storia della musica come l'album più interessante uscito negli anni 2000, “Lust for life” è in poco tempo già diventato un album immortale e senza tempo.

 

 

Tracklist

1. Love 
2. Lust for Life [ft. The Weeknd] 
3. 13 Beaches 
4. Cherry 
5. White Mustang 
6. Summer Bummer [ft. A$AP Rocky and Playboi Carti] 
7. Groupie Love [ft. A$AP Rocky] 
8. In My Feelings 
9. Coachella – Woodstock in My Mind 
10. God Bless America – And all the Beautiful Women in It 
11. When the World Was at War We Kept Dancing 
12. Beautiful People Beautiful Problems [ft. Stevie Nicks] 
13. Tomorrow Never Came [ft. Sean Ono Lennon] 
14. Heroin 
15. Change 
16.Get Free

  • 9/10
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9/10

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