Hueso Negro – Tracionero Love

Hueso Negro

Con l’arrivederci dato all’estate e il bienvenue (inevitabile e rituale) all’autunno le belle sorprese non si sono fatte attendere: l’arrivo del progetto “Hueso negro”, nato dalla collaborazione tra l’italiano Stefano Dall’Osso e il compositore messicano Alex Sirvent, è stata una bella ventata di buona musica. “Tracionero Love”, per l’etichetta Alman Music, è un disco ben riuscito che ha dalla sua parte il privilegio di essere chillout riscattandosi dal rischio sempre ben c’entrato dai colleghi di genere di imbucarsi in un girone di noia e autoreferenzialità. In particolare queste 15 tracce, sempre a cavallo tra l’inglese e lo spagnolo, molte delle quali sono nate come parte della colonna sonora della telenovela “Tres Veces Ana”, riescono ad incrociare l’accuratezza di un missaggio alla Jesse Frederick, di un gusto vintage non impolverato (Flavour), ad atmosfere paesaggistiche che si reggono in piedi da sole, grazie al potere dell’evocazione di cui pochi conoscono il segreto (l’incantevole “Eggs Trip”, degna del miglior José Padilla). I sapori dell’album non si limitano a essere d’accompagnamento, ma si impongono con modernità e mistero, come nelle affascinanti “Como canta” (con la mano santa del rapper El V), con il suo ritornello giovane e un po’ catchy, di quando l’orecchiabilità non è la carta falsa che si gioca per piacere a tutti i costi. I featuring aiutano proprio in questo, a non instradare troppo l’esperimento, conferendogli così soltanto gli aggetivi che si guadagna: “eclettico”, “interessante”, “etnico”. Accade particolarmente in in “Tres veces”, complice la voce di Virginia, che apre a un randagismo capace di irrompere con forza calibrata, lasciando la buanamano agli ascoltatori più pazienti: l’essere rimasti ad ascoltare, tra i ritmi distesi Bossa Nova e lounge, un’anima comune che centellina emozioni pronte a tracimare ancora. L’eco, tra i suoni dilatati alla Moby di “Overtown” e quelli sacrali alla Henry Mancini di “Velvet”, è un boomerang che si ripromette di tornare con più terreno ai suoi piedi e più storie da raccontare, risoluto come quel pop gangster di “Not like this”, perché come ci suggerisce in copertina Sauro Ghini (collaboratore per Tex Willer), l’epopea di un western come stato mentale di grazia non è mai terminata.  

  • 8/10
    - 8/10
8/10

You must be logged in to post a comment Login