Intervista a Raphael: «Ci vediamo sui palchi con “Time Out”»

Raphael

Lo scorso giugno è ogni “Time Out”, il nuovo album di Raphael, il primo lavoro dell’artista italo-nigeriano cantato interamente in italiano. A 7 anni dall’uscita di “Reggae Survival”, l’artista torna a mettersi in gioco forte delle esperienze maturate in questo frenetico periodo: i tour con Roy Paci & Aretuska, la partecipazione a The Voice of Italy su Rai 2, le finali di Sanremo Giovani e le varie collaborazioni, a partire da quella con Dj Aladyn di Radio Deejay fino a quella con i Punkreas.

 

 

Dove scrivi? Nel senso: ci racconteresti una situazione tipo in cui metti giù versi e canzoni?
A casa. L’idea può arrivare in qualsiasi posto, viaggiando in macchina o facendo la spesa, e una nota vocale la mette al sicuro. Poi è nel mio stanzino/studio che prendo la chitarra e vedo cosa ne esce. Nei primi provini di Time Out, registrati anch’essi con il telefono, si sentono addirittura i gabbiani fuori dalla finestra!

In “Time Out” c’è più di un omaggio alla produzione musicale degli ultimi 40 anni. Come hai trovato questi suoni? Ti hanno trovato loro?
Direi che, avendo quasi 37 anni…sono proprio i miei suoni! È quello che ho sempre ascoltato, dalla radio o dai dischi dei miei genitori che ascoltavano davvero di tutto, da Bob Marley a Venditti.

Come hai intrecciato le tue origini, l’Italia e la Nigeria, nella tua arte? È un viaggio ancora in corso?
Sicuramente è un viaggio ancora in corso. Sono stato in Nigeria soltanto una volta ed era il 1995, poi qualche anno dopo i miei si sono separati, mio padre è tornato a vivere lì e chiaramente si è creata una frattura che la musica ha in seguito aiutato e sta tuttora aiutando a riparare. In questo disco miscelo i suoni e le storie che ho assorbito dalle due culture più di quanto abbia mai fatto prima.


 

In “Italiano a metà (feat. Tommy Kuti)” canti di cosa significhi vivere in Italia con un aspetto straniero pur essendo italiano. Cosa ti spaventa di più di questa società contemporanea?
La facilità, sdoganata anche tramite i social, con cui si esprime la propria opinione, anche quando non supportata da conoscenza in materia, anche quando non richiesta e spesso senza tenere conto dei diritti o sentimenti della controparte. Ma più dei “leoni da tastiera” mi spaventa la violenza fisica e verbale che sempre più frequentemente si diffonde nei vari ambiti della vita di tutti i giorni.

Qual è, secondo te, la strada per provare a eliminare la discriminazione, sia essa per l’orientamento sessuale o per il colore della pelle?
La pazienza. Il tempo è galantuomo. Ho da poco concluso un progetto musicale ed educativo con circa 200 classi tra elementari medie e superiori composte da ragazz* dalle origini, i nomi e i look più diversi, ma che parlano la stessa lingua, ascoltano la stessa musica, giocano con lo stesso pallone. Ho notato che c’è molto rispetto per chi si riconosce in un’altra sessualità, vent’anni fa non era così. Sono i giovani uomini e donne di domani, e tante differenze che oggi la nostra società reputa profonde, per loro non conteranno.

Cosa ti riserverà il futuro? Stai preparando un tour per portare sui palchi d’Italia “Time Out”?
Esattamente, e non vedo l’ora! Ci vediamo sui palchi!

Non vediamo l’ora! Buona musica, Raphael. E grazie per la tua disponibilità.

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