Recensione: “Il secondo cuore” – Paola Turci

E’ uscito cavalcando l’onda sanremese, il nuovo attesissimo disco di Paola Turci, “Il secondo cuore”, made in Warner Music. Dodicesimo lavoro in studio, nato del segno della svolta che ha effettuato  la  cantautrice di “Bambini” e “Ti amerò lo stesso”, il progetto ricalca lo spettacolo teatrale biografico “Mi amerò lo stesso”, rappresentazione iperbolica degli esorcismi interiori dell’artista, alle prese con il ricordo dell’incidente che nel 1993 le cambiò la vita segnandola per sempre. E proprio quel volto, oggi in copertina da entrambe le angolazioni a raffigurare un cuore, regna incontrastato a simboleggiare, con forza e tenacia, la rinascita di una delle voci più preziose mai apparse in Italia. Anticipato dai singoli “Fatti bella per te” e “La vita che ho deciso”, l’album vede la stessa Turci in veste di co-autrice di tutti i brani, nonostante a corte siano state chiamate penne d’eccezione e idee di collaboratori di spessore come Giulia Anania, Niccolò Agliardi, Marco Giallini, Luca Chiaravalli (alla produzione). In apertura ai preamboli, la premessa deve essere questa: l’ opera della donna in questione è corradicale alla gran classe, alla bellezza scatenata e trascinante. Aggettivi che già si era tatuata addosso con l’antologico “Io sono” del 2005, e che ora riguadagna sul campo brano dopo brano. Come ne “La prima volta al mondo”, nella quale ritmi si scatenano come colpi di fruste al frantoio dell'innegabile talento e dell'incrollabile maestria. Aveva già dimostrato i suoi trent'anni di personalità, chiaramente,  la sua voce scorre come linfa : da essa, come un frassino, hanno origine il mondo inferiore e superiore. “Da qui mi vedo intorno”, canta soddisfatta, e ci si rende conto di quanto sia inviolabile la sua bellezza e inalterabile il suo talento. Operosa e dedita all’abnegazione, la sua musica scorre tra “Ci siamo fatti tanti sogni” e “Combinazioni”: Nella prima canzone racconta di un amore compulsivo nato e cresciuto nelle reciproche aspettative illusorie. La musica, come coreografia poetica, sgambetta circondando la voce di luminescenza. Nel secondo brano, invece,l'elettronica dosata incentiva esperimenti molto interessanti, le testualità sono sapientemente delegate a mani autoriali che svolgono più che alla perfezione il loro lavoro.Non che manchino curiosità e colpi di scena, sia ben chiaro: è meravigliosa, quella “Sublime” così black , orchestrale nei riverberi, ma essenziale nelle tinte della voce, alle prese con servigi  incantevoli. In “Ma dimme te”, addirittura, Paola sceglie di cimentarsi col romanaccio e fa subito emozionare il cuore con la sua somiglianza a Gabriella Ferri e con la secchezza della voce, raucedine al vetriolo, in stile Rosa Balistreri. Tra i meriti del disco, non si può non menzionare a parte il grande contributo di Enzo Avitabile nel brano omonimo, “Nel mio secondo cuore”; che disegna una poesia su tela, registrando uno dei brani più sudoripari della sua discografia. Parole deliziose accompagnate da magistrali effetti sonori e la voce, solita, ammaliante. Una voce che attesta che il vero stravolgimento, la rivoluzione copernicana dell'anima è accettarsi , e amarsi, Paola l'ha imparato a sue care spese e ora ce lo racconta come solo lei potrebbe: genuinamente. Artisticamente. Immensamente. 

 

  • 8/10
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