Recensione: RHumornero – Eredi

RHumornero

Dalle diverse esperienze con Prozac +, Super B e altre realtà, “Rhumornero” è il nome del quartetto che ha riunito Carlo de Toni, Ettore Carloni, Lorenzo Carpita e Luca Guidi giunti al terzo album (più quattro compilation di Virgin Radio) dal titolo “Eredi”. Un disco che è un atto d’accusa rivolto ai tempi luciferini che stiamo attraversando, madido di citazioni, rievocazioni, testualità pregne e tanto coraggio. Ma andiamo con ordine. Il battesimo è affidato all’apripista “Un miliardo di anni”, con le sue atmosfere alla Def Leppard, testo-denuncia all’uomo corollario dei suoi fallimenti, all’umanità che incespica nei propri drammi quotidiani (la pillola per migliorare le prestazioni fisiche) nel tentativo di abbracciare rivoluzioni tecnologiche (il desiderio di diventare una macchina). Gli accordi sono caparbi  nel voler tempestare la situazione con puntuale sovrapposizione alle liriche, mentre bassi e tastiere prorompono energici schiena contro schiena a scongiurare il rischio di una verbosità indesiderata. Raggiunto “L’equilibrio” tra parole e suoni, i Rhumornero si fanno largo tra i cadaveri diretti al fronte, la ciclicità degli eventi, pronti a raggiungere gli “Spiriti”. Nel mentre, la lingua che parlano ricorda molto i Litfiba e i Vanadium, nonostante le armonie che fanno breccia siano merito di un sound originale e massiccio, il vero avvitatore che accompagna il senso di disorientamento raccontato. La narrazione all’interno del progetto ha tappe concentriche, sfumature di merito che acquisisce di stazione in stazione: in “Spiriti” sono evidenti le verniciature gotiche, composte da tonalità bluette e da un immaginario popolato da “venti dell’immortalità” e “ceneri dell’inferilità”, in “1492” lo scenario è storico, con tanto di congiure polverose e cori sireneschi alla Meredith Monk. Nella tempra del disco, inoltre, è curioso constatare quanto persino brani come “Last Christmas” o “Sotto le stelle” finiscano per essere, “inevitabilmente o forse”, tutt’uno con il motto di ribellione, tanto interiore quanto sociale. Parliamoci chiaro, il racconto così perfido di un mondo cupio dissolvi di cui facciamo parte non dovrebbe piacerci così tanto, potremmo pensare a una forma di sadismo esercitato nei confronti della nostra specie, eppure la chiave di volta è presto servita: questo è un disco che nel segno di una brillante "situational awareness" (“ciò che è dentro noi non è semplice, nasconderlo non mi servirà più”), stuzzica l'appetito di una mente giovane e risvegliata, sconfinfera ogni appassionato di musica proprio perché gronda poesia e realismo. E la prima dà senso a tutto. 

  • 9/10
    - 9/10
9/10

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