Giuseppe Milici: «Suonare è una dichiarazione d’amore»

Giuseppe Milici

Armonicista e compositore, Giuseppe Milici ha suonato come solista in alcuni tra i più popolari programmi televisivi. Ha eseguito la colonna sonora del film Il Mago, con Antony Quinn e di Vaniglia e Cioccolata, con Maria Grazia Cucinotta. Ha anche suonato in alcune colonne sonore per la TV quali L'avvocato Porta, con Gigi Proietti, e Tutti i sogni del mondo, con Serena Autieri. Ha suonato in gran parte del mondo e nel 2009 si è esibito come solista dell'Orchestra Sinfonica di Sofia al Teatro la Fenice di Venezia. Il 7 ottobre è uscito il suo nuovo album "The Look of Love" e Giuseppe Milici che per l'occasione si è avvalso della collaborazione di Nerio "Papik" Poggi e Fabrizio Foggia agli arrangiamenti oltre ad una nutrita schiera di special guest quali: Neja, Fabrizio Bosso, Tom Gaebel, Walter Ricci, Francesca Gramegna, Alan Scaffardi, Valeria Milazzo, Ely Bruna, Roberto Gervasi, Moreno Viglione e Marcello Sirignano. 

 

Ciao Giuseppe, benvenuto. Iniziamo subito chiedendoti…

…com’è nata la tua passione per la musica e come mai hai deciso di suonare proprio l’armonica?
È molto semplice, io sono di Palermo e quando ero ragazzino vedevo spesso un mio coetaneo suonare l’armonica mentre passeggiava vicino a casa mia. Quando finiva riponeva lo strumento in un taschino, beh…l’idea che uno strumento in grado di trasmettere così tante emozioni si potesse riporre e trasportare così facilmente mi piaceva da matti. Così acquistai anch’io un’armonica, poi una sera mi capitò di ascoltare “Slow Motion” di Toots Thielemans, il padre indiscusso dell’armonica, e sentii che in me stava cambiando qualcosa, in quel momento provai una grande gioia e capii l’importanza della musica.  Non stavo vivendo un periodo particolarmente felice, mio padre era scomparso da poco ma suonare mi regalava tanta gioia. Forse è per questo che cominciai a suonare, suonavo per trasmettere emozioni a chi non stava particolarmente bene, era una sorta di missione.  Inoltre mia madre è stata fondamentale, è lei che mi ha sempre spinto a intraprendere questa carriera e a seguire i miei sogni. C’è un episodio che racconto sempre, quando vinsi un concorso alle Poste per un posto fisso mia mamma mi disse “ma come, tu che sogni di viaggiare ti vuoi chiudere in un ufficio postale? Se anche non dovessi farcela vorrà dire che suonerai per strada”. E così con l’ascolto di Toots Thielemans e l’incoraggiamento di mia madre è partito tutto.


Nel ’97 hai avuto la fortuna di suonare con Toots Thielemans. Che ricordi hai?
Meravigliosi per varie ragioni. Innanzitutto perché ritrovarmi sullo stesso palco con un artista simile è stato motivo di gioia incredibile e di grande orgoglio. La cosa che poi mi è piaciuta tantissimo e che non dimenticherò mai è che durante le prove lui decise di suonare un brano che scrisse per suo padre negli anni ’70, dopo che era scomparso, e mentre suonava si commosse fino alle lacrime. Ricordo che quella volta avrei dovuto eseguire un solo brano, invece poi furono due, tre… ad un certo punto non avevamo programmato dei brani quindi gli chiesi cosa volesse fare e lui mi disse “quello che vuoi, qualsiasi  stardard e qualsiasi tonalità”. Questo la dice lunga sulla sua incredibile preparazione.


Contrariamente ai dischi che hai realizzato in precedenza, che erano prevalentemente strumentali, com’è nato questo tuo nuovo disco, “The look of love”?
In questo caso, siccome sono un grande appassionato di canto nonostante io non canti, mi è piaciuta l’idea di fare un disco  non monotematico, come accaduto in precedenza, ma un disco dove ci fossero tutti i brani che mi sono piaciuti di più o che hanno significato qualcosa per me. È una selezione di brani che non c’entrano nulla l’uno con l’altro.
 

E infatti mi stavo chiedendo quanto sia stato complicato selezionare le canzoni da includere…
In realtà è stato facilissimo, ho solo dovuto cercare nel passato tutto quello che mi ha emozionato. Mi sono ricordato del film Rocky e di quanto mi piacesse Gonna Fly Now, uno dei brani della colonna sonora. Oppure Singing In The Rain che ho sempre definito antidepressivo, infatti quando sono giù di morale vado su Youtube e mi basta vedere Gene Kelly che balla sotto la pioggia per stare meglio. Perciò la selezione è stata semplicissima, il problema è nato dopo quando mi sono chiesto che senso avessero insieme, così ho dovuto rivolgermi a un arrangiatore per rendere il tutto uniforme. E lì ho chiamato appunto Papik che già conoscevo perché avevo lavorato su alcune sue produzioni.

 


Riproporre dei brani già noti implica una grande responsabilità. Hai dovuto fare i conti con questo peso?
No. Ho capito che non è importante fare il capolavoro di cui tutti parleranno, non penso a fare le capriole, penso semplicemente a farlo a modo mio, come se fosse una mia dichiarazione d’amore. Ho un grande rispetto per ogni brano e per chi li ha fatti prima di me ma credo che l’importante sia la sincerità delle emozioni che si vogliono trasmettere. Quando devo fare una registrazione cerco sempre di portare un po’ di pubblico, anche pochissime persone, perché negli anni ho capito che se suoni solo per il fonico, che lo fa per professione, non potrai mai ricevere l’energia giusta.


“Dimmi cos’è” è il primo singolo estratto dall’album e vede la partecipazione del bravissimo Fabrizio Bosso. Com’è collaborare con lui visto che non è la prima collaborazione che fate?
Fabrizio al di là del musicista che conosciamo è anche una persona fantastica. Sono onorato di aver collaborato con lui sia per questo disco, sia per tutte le varie cose realizzate in passato. Non ci vediamo tantissimo ma siamo sempre felici di lavorare insieme.


Hai calcato tantissimi palchi anche in giro per il mondo, qual è il ricordo più forte che hai?
Mi viene in mente un fine concerto, alla Fenice di Venezia. Ero reduce da momenti di tensione perché quel giorno avevamo provato una sola volta e suonavamo con un’orchestra che veniva da Sofia. Terminato il concerto, e quindi stemperata la tensione che solitamente non mi appartiene, siamo usciti dal retro del Teatro e mi sono ritrovato con lo smoking su un battello con il Canal Grande tutto illuminato. È stato bellissimo e proprio in quel momento mi sono reso conto di essere un privilegiato. Quello che mi piace dire a chi vuole fare il musicista è che non bisogna mai avere paura, non è necessario diventare delle star per  vivere emozioni straordinarie.
 

Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
Fortunatamente gli impegni sono tanti. Sto suonando nelle carceri e in alcuni ospedali perché secondo me è dovere di ognuno di noi ricordarsi di chi è meno fortunato. Poi terrò dei concerti con Anita Vitale, una cantante siciliana bravissima che meriterebbe di essere più conosciuta.
Infine a gennaio sarò in tour con Mario Rosini durante il quale proporremo le musiche di Steve Wonder, a marzo sarò in tournée con Neja e ad aprile ci sarà uno spettacolo sulla deportazione con David Riondino. Ma vi consiglio di seguire le mie pagine social che saranno costantemente aggiornate.

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